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Mercoledì 24 Maggio 2006 - ore 17 - Auditorium della Fondazione

Federico Zeri e la tutela del patrimonio culturale italiano

Il libro (Ed. Clueb) racconta il legame di Zeri con l'editoria scientifica, con i quotidiani, con i periodici, con la televisione e il difficile rapporto con le istituzioni

Federico Zeri e la tutela del patrimonio culturale italianoInterverranno:

Rosaria Gioia e Marinella Pigozzi, autrici del volume

Antonella Gigli, direttrice dei musei di Palazzo Farnese

Alberto Mambriani, Università di Parma

Domenico Ferrari, capo delegazione FAI - Piacenza


Lungo l'intero svolgersi della carriera di Federico Zeri, uno degli interessi più profondi, che ritorna in maniera costante, sistematica e attenta, è la tutela del patrimonio culturale italiano.


Il libro racconta il legame di Zeri con l'editoria scientifica, con i quotidiani, con i periodici, con la televisione e il difficile rapporto con le istituzioni.

COMUNICATO STAMPA

Federico Zeri e la tutela del patrimonio culturale italiano

Piacenza, Auditorium della
Fondazione di Piacenza e Vigevano
Via S. eufemia,12
mercoledì 24 maggio 2006 ore 17.00


Presenteranno il volume, la direttrice dei Musei di Palazzo Farnese, dott. Antonella Gigli, il Capo Delegazione FAI di Piacenza, prof. Domenico Ferrari, il prof. architetto Alberto Mambriani della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Parma
Saranno presenti gli autori Marinella Pigozzi e Rosaria Gioia


Non sono molti coloro che, paladini del nostro patrimonio culturale, hanno coniugato con coraggio e coerenza stile di vita e impegno pubblico, ricchi di passione e del substrato culturale necessario a sostenerla. Eppure in Italia, ben prima dell’unità politica, nacquero le leggi di tutela del patrimonio culturale, leggi simili, benché emanate da governi diversi e talora fra di loro guerreggianti, leggi consapevoli della funzione identitaria del patrimonio culturale e subordinanti la libertà del privato, l’alterità dei desideri altrui, al pubblico interesse, alla pubblica utilità. Dopo l’unità, le leggi organiche che si sono succedute, mentre confermavano le disposizioni preunitarie sulla tutela del paesaggio e del patrimonio artistico, venivano a sottolineare il legame fra museo e territorio e a costituire un insieme coerente di principi essenziali per la tutela e le regole d’uso. Hanno costituito la base sia del Testo Unico del 1999, sia del codice dei Beni Culturali entrato in vigore con evidenti fragilità nel maggio 2004. Troppo spesso accade che il rispetto della legalità, la tutela del decoro urbano e la conservazione del patrimonio storico, scientifico, artistico e paesaggistico si fermino al dibattito fra i fautori della severità e quelli della permissività, fra mentalità e costumi a volte inconciliabili anche nelle sfere amministrative e militari, oltre che in quelle politiche. Si vengono così a perdere i valori d’arricchimento culturale e di effettiva promozione sociale, non solo economica. Il patrimonio insidiato senza manutenzione frana, crolla, oppure scompare nell’illegalità per colpa di chi, a destra e a sinistra, preferisce essere senza memoria, senza sensibilità, oltre che senza cultura. Offusca quella civiltà giuridica della tutela di tutto il patrimonio culturale pubblico e privato, che faceva il nostro paese invidiato nel mondo, con il patrimonio storico e artistico di pubblica utilità inalienabile e protetto da funzionari di rara sensibilità, mentre altri contribuivano a dotare l’Italia della disciplina organizzativa necessaria allo studio e prima ancora alla conservazione e alla valorizzazione dello stesso patrimonio storico-artistico.
Federino Zeri, che ora ardito e accigliato passeggia nella storia, ha accompagnato la cultura artistica italiana per mezzo secolo (1921-1998), riverente di fronte al nostro patrimonio, irriverente con tutte le amministrazioni dei Beni Culturali e la loro inadeguatezza, libero dalla prudenza delle convenzioni.
Nel 1948 Zeri viene chiamato a dirigere la Galleria Spada di Roma e subito si rivolge alla compilazione del catalogo delle opere, ritenendo tale strumento indispensabile alla conoscenza, alla tutela, alla conservazione e quindi ad una accorta gestione del museo, come conferma la sua attenta e costante attività di catalogazione, intesa come conoscenza che conduce alla valorizzazione alla conservazione. Di mestiere irreprensibile, per alcuni anni (1949-1955) pone le sue esperienze, le sue conoscenze, la sua capacità di osservazione, di ricostruzione ambientale e psicologica, al servizio della tutela del patrimonio artistico quale ispettore storico dell’arte. Il suo rapporto con il mondo istituzionale delle Belle Arti, appassionato ma conflittuale, rimarrà costante per tutto lo svolgersi della sua esistenza. Al servizio delle sue più oggettive battaglie culturali risultano significativi i pungenti, poco sottili e sempre documentati articoli ed elzeviri apparsi fin dagli anni Cinquanta sulle più importanti riviste d’arte ma anche su quotidiani e riviste non specializzate. Tale attivo intervenire consente a Zeri di raccogliere la simpatia di un pubblico molto vasto.
Fin da primi anni Settanta, alle sue doti di perspicace saggista ed elzevirista si aggiunge la sua originale capacità comunicativa che egli manifesta attraverso lo strumento televisivo.
Sfidando le regole dell’audience e dell’omologazione tra i generi nella nuova televisione, Federico Zeri, riconfermando la sua assoluta indole rivoluzionaria, conferisce un importante apporto al mondo della televisione raccontando la storia dell’arte ad un pubblico nuovo, senza perdere mai l’occasione di denunciare e mostrare il degrado dei luoghi dell’arte italiana.

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