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Mercoledì 28 Gennaio 2004 - Libertà

Da Mascagni a Tosti con Landini e tre cantanti

Amici della Lirica: gran finale in Fondazione per il ciclo di conferenze-concerto

In quel romanzo affascinante, che è Il velocifero di Santucci c'è un momento in cui il protagonista assiste a una storica rappresentazione scaligera del Mefistofele, con Scialiapin e Caruso nel cast e Toscanini sul podio, mentre fuori piove a catinelle; in quella memorabile serata, scrive Santucci, la Scala "pareva galleggiare sulle acque" come un'Arca di Noè in mezzo al diluvio. Giancarlo Landini, forse il più autorevole storico del canto lirico attivo oggi in Italia, ha preso ironicamente a prestito questa citazione per salutare gli spettatori che, l'altra sera, non si sono fatti spaventare dalla nevicata e si sono recati nell'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano per assistere alla terza e ultima "puntata" di L'opera lirica italiana tra Otto e Novecento, il ciclo di conferenze - concerto organizzato dagli Amici della Lirica (in collaborazione con la Fondazione e gli assessorati alla cultura di Comune e Provincia) di cui Landini è stato ideatore, curatore e relatore.
E davvero questa immagine letteraria non è apparsa esagerata. Merito della brillantezza di un conferenziere capace di unire - come di rado avviene - erudizione, acume critico, originalità di analisi e capacità di farsi intendere anche dai meno esperti (le tre serate sono state registrate su cd dal tecnico Pinuccio Sartori: il presidente degli Amici della Lirica Giorgio Fernandi ha annunciato che queste registrazioni, come quelle del ciclo di incontri su Le voci storiche del Novecento tenuto un anno fa da Landini e da Giorgio Gualerzi, saranno a disposizione di chiunque farà richiesta). Ma, soprattutto, merito di un cast di "cantanti ospiti" di qualità davvero stellare: un soprano fuoriclasse come Cristina Mantese (un'artista che ha assai pochi eguali in Italia per bravura tecnica e arte di interprete); un baritono "fine dicitore" dalla bella carriera internazionale con Armando Ariostini; e un giovane promettente come il tenore Sang Jun Lee. Artisti la cui sola presenza scatenava nel pubblico un'ondata di emozioni: Mantese e Ariostini, infatti, erano stati protagonisti nell'autunno 2002 della magica Adriana Lecouvreur inscenata al Nicolini dagli Amici della Lirica. Questa ultima puntata era dedicata a un Novecento storico italiano letto come una stagione di sperimentalismi ma anche di smarrimento, in cui l'opera tradizionale imbocca il suo ultimo binario; in prospettiva, un maestro della romanza da salotto come Francesco Paolo Tosti viene rivalutato anche per aver presentito "la centralità della canzone come genere musicale per eccellenza del '900". Landini ha attraversato un densissimo quarto di secolo (1895- 1920 circa) riassumendolo in battute così felici che meriterebbero la gloria del volume (Il Decadentismo è tutto un grande funerale: a volte di prima, a volte di terza classe) e con una scansione in quattro quadri: l'esotismo fin de siècle (Fedora, Iris), due esperienze agli antipodi targate 1900 (Tosca, che apre le porte del melodramma a un conturbante erotismo sadico, e le atmosfere da café chantant di Zazà di Leoncavallo), quel finissimo "unicum" che nel 1902 è Adriana Lecouvreur dell'isolato Cilea, le esplorazioni della "décadence" anni Dieci (il tardo Mascagni, Francesca da Rimini di Zandonai), le romanze di Tosti. Accompagnati al piano dalla sempre bravissima Patrizia Bernelich, gli artisti ospiti hanno offerto a questo viaggio nella musica la più maiuscola delle illustrazioni. Sang Jun Lee canta con bella voce e fine piglio da "tenore di grazia" vecchio stile Amor ti vieta, L'anima ho stanca e Nebbie di Tosti.
Ariostini, da quel grande cantante-attore che è, giganteggia in Ecco il monologo, nel grande duetto con la Mantese nel secondo atto di Tosca e in A' vucchella, regalandoci anche la rarità di Tu sola a me dal Chatterton di Leoncavallo. Ma è Mantese a esaltare il pubblico, dispensando - alle prese con un programma di difficoltà letteralmente inumana - saggi di quel che non c'è alcun motivo di non chiamare perfezione: Ho fatto un triste sogno (Iris), le scene madri di Tosca e Adriana, la tostiana Chanson de l'adieu e l'incredibile trittico Venne una vecchierella (Isabeau), Flammen, Flammen, perdonami (Lodoletta) e l'esalante Paolo, datemi pace (Francesca). Sublime.

Oliviero Marchesi

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