Lunedì 16 Febbraio 2004 - Libertà
Con l'occhio portiamo l'esterno dentro di noi
Ieri la rassegna "domeniche in galleria". Macaluso: i colori dall'800 a Haring
Artisti come geniali "sperimentatori" dei meccanismi della visione, in parte ancora ignoti.
Questo il filo conduttore dell'incontro Colore, occhio e cervello, prologo - tra arte e scienza - al ciclo di conferenze "Le Domeniche in Galleria", dal 29 febbraio al 28 marzo, dedicato a cinque importanti dipinti della "Ricci Oddi".
Ieri mattina nell'aula didattica, l'attenzione si è invece concentrata sull'importanza del colore, mezzo per esprimere emozioni, e sulle teorie scientifiche che spiegano come vediamo ciò che ci circonda. La conferenza, organizzata da: Galleria d'arte moderna, Comune di Piacenza e Fondazione, in collaborazione con i Rotary Club Farnese e Valtidone, ha riservato la prima parte ad un discorso specificatamente artistico, svolto da Luigi Galli. Un excursus tra le tele dalla pennellata quasi materica di Van Gogh ("un artista tutto per il colore, nel quale riusciva a trasfondere l'universo") per giungere al primitivismo simbolico, denso di valori cromatici di Gauguin. L'oculista Alessandro Lamedica ha introdotto il folto pubblico ai meccanismi anatomo-fisiologici della vista, successivamente approfonditi dal collega Claudio Macaluso, docente all'Università di Parma. Il medico ha innanzitutto spiegato la visione del colore come premio dato dall'evoluzione, in quanto soddisfaceva necessità molto pratiche, permettendo ad esempio a prede e predatori di avvistarsi con più facilità all'orizzonte. La luce bianca, come noto, è costituita da uno spettro di colori, che non sono comunque "qualcosa fuori di noi". Derivano piuttosto "dall'interazione tra caratteristiche fisiche degli oggetti e sistema visivo", il quale agisce grazie a due strumenti: l'occhio e il cervello, del quale la retina può essere considerata una propaggine. Le sensazioni cromatiche sono il frutto delle varie "miscele" possibili tra il blu, il rosso e il verde, colti da tre recettori. Contrariamente al passato, oggi la visione tricromatica si pensa coesista con i sistemi opponenti, studiati a fine '800 da Häring, che aveva evidenziato come alcuni colori, ad esempio il rosso e il verde, non sfumassero gli uni negli altri, ma si escludessero. Infatti, "l'occhio, rispetto ad una telecamera, analizza e compie dei paragoni, attraverso alcune cellule della retina". Macaluso ha ritrovato nei pittori del pointillisme, nella seconda metà dell'800, interessanti sperimentazioni sulla visione tricromatica. Più recentemente, gli scienziati hanno individuato aree visive corticali nel cervello, che si attiverebbero per distinguere le forme, il colore, il movimento, i volti e le loro espressioni. Temi che Macaluso ha riscontrato nell'originale ricerca pittorica di Mondrian, Kandinskij, Balla, Boccioni, Derain e Magritte. In particolare sono stati ricordati i fauves, nel loro "giocare" con le sensazioni prodotte da colori innaturali su immagini di oggetti reali, mentre di Kandinskij è stato sottolineato anche il determinante apporto teorico.
ANNA ANSELMI