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Venerdì 14 Novembre 2003 - Libertà

Dorfles e il divenire delle arti

Il critico e storico dell'arte, 93 anni anni, è stato ospite di "Testimoni del tempo". Il problema è quali sollecitazioni possano aiutarci a capire l'arte contemporanea. Assistiamo a una trasformazione frenetica

"Sono qui stasera per tener fede a un impegno preso, ma in realtà ho un po'di febbre e la mia mente sarà quindi un po'annebbiata", così ha esordito ieri sera Gillo Dorfles di fronte al pubblico venuto all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano a incontrare il critico e storico dell'arte ospite di Testimoni del tempo. E invece, smentendo del tutto la sua premessa (e a dispetto dei suoi 93 anni di età), Dorfles si è dimostrato di una lucidità e di una limpidezza eccezionali nella relazione che ha presentato sul "divenire delle arti", il tema che dava il titolo all'incontro.
Presentato da Eugenio Gazzola, che lo ha definito "il testimone per eccellenza del cambiamento dei gusti, dell'estetica e della comunicazione in Italia negli ultimi cinquant'anni", Dorfles, che prima dell'incontro si è recato, accompagnato da Gazzola e dall'assessore alla cultura Stefano Pareti, a visitare la mostra di Ludovico Mosconi a Palazzo Gotico, ha spiegato come oggi sia in corso una trasformazione dell'arte così frenetica che chi non si tiene aggiornato su quello che ci viene incontro non capisce nulla. Il problema allora, ha detto, è quello di capire quali sollecitazioni, in un panorama visivo e auditivo in tale trasformazione, possano aiutare il grande pubblico a comprendere l'arte contemporanea.
"I cartelloni pubblicitari, Internet, gli spot televisivi, le musichette dei walk-man, l'esiziale televisione - ha spiegato Dorfles - abituano il pubblico a un certo tipo di dinamismo e cromatismo che corrisponde all'arte visiva contemporanea, per cui i giovani oggi comprendono di più l'arte del momento che quella del passato". Questo perché - e qui sta il male, ha sottolineato Dorfles - si è venuta a creare una netta scissione tra arte elitaria e arte popolare. "Fino al Barocco c'era un'arte sola: l'arte vera. Oggi c'è da una parte un'arte molto elevata e raffinata, con dei cultori molto elevati, e dall'altra un'arte popolare fatta di rock, di pop, di veline e di velone, che non è arte". Una situazione che rappresenta un'estrema ingiustizia sociale, alla base della quale c'è un fondamentale errore di valutazione delle capacità percettive del pubblico, che sono invece enormi.
"L'uomo - ha affermato Dorfles - ha bisogno del bello, o quantomeno di ciò che è un surrogato del bello, e lo dimostra l'estetizzazione globale del nostro habitat, l'enorme valorizzazione del fatto artistico, che si esprime attraverso il panorama urbano, le insegne luminose, i cartelloni pubblicitari, dando luogo a città che sono un'immensa dilatazione dell'universo estetico". "E' vero - ha concluso Dorfles, sollecitato dalle domande postegli da William Xerra, che sedeva con Gazzola al tavolo dei relatori - oggi non c'è nessun Piero della Francesca e nessun Michelangelo, però abbiamo molti buoni artisti negli spot televisivi, nelle sfilate di moda, nella produzione di oggetti di design, nel disegno delle carrozzerie delle auto... in oggetti parzialmente artistici che in un certo senso compensano la mancanza di una grande arte".

CATERINA CARAVAGGI

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