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Domenica 15 Maggio 2005 - Libertà

Lou Dalfin, il folk popolare diventa progressivo

Apertura tiepida l'altra sera in Piazza Cavalli per la rassegna "2mille1"

Non era la solita Piazza Cavalli. Quando il Centro di Piacenza fa da cornice ad "un evento mondano", in genere la gente risponde in modo perentorio. Basti ricordare la grande serata che qualche anno fa vide protagonista Paola Turci. L'altra sera è accaduto qualcosa di "diverso". Il primo appuntamento della terza edizione di 2mille1, rassegna dedicata al valore delle differenze e organizzata da Comune, Associazione multietnica Koinè, Circolo Arcigay l'A.T.O.M.O. e altri enti, ha portato in piazza i Lou Dalfin, alfieri di un folk-rock fedele alle radici e assolutamente sanguigno. Ma i piacentini erano meno numerosi di quanto si sperasse. L'occasione è quindi quella giusta per riflettere sulla nostra città, più che su un gruppo che ha già dimostrato, in tanti anni di carriera, le proprie capacità (ricordiamo la loro fugace comparsata al poetico Balaghidòn in zona Bobbio). Piacenza, da anni, si porta dietro una fama parzialmente immeritata. Quella di essere una città sonnacchiosa in cui tutto stagna e poco si muove. Eppure, ad osservare le cose con la giusta distanza, si vede il Piacenza Jazz Fest, il ciclo di serate di culto del Marrakech dedicate ai grandi dj, le feste di 29100.it. Per non parlare, allontanandosi un po' dalla città, del Fillmore di Cortemaggiore. Ora, anche associazioni "meno visibili" come Koinè, hanno deciso di portare un po' di gente in piazza, per continuare a smentire il fiacco clichè della Piacenza dormiente. Un plauso, quindi, a chiunque pensi che valga la pena animare le serate del Centro (e gli imminenti "venerdì piacentini" promettono molto) e una bonaria tirata d'orecchie per chi ha pensato al nome di Lou Dalfin. Senza insinuare che in piazza debba andare in scena solo la nostalgia (per carità!), va ammesso che il gruppo folk di matrice occitana è risultato troppo insulare e autoreferenziale per offrire una chance di concreta aggregazione per tutti. Non è detto che la "musica popolare" di ieri possa essere popolare oggi. I Lou Dalfin sono bravi a narrare complesse storie in cui fanno capolino banditi, briganti, ubriaconi e contadini. Raccontano un mondo più duro, ma forse più semplice, con un sound a metà fra il folk puro dei nostri appennini del nord e un ventaglio di influenze più ampio. Un concerto paradossale: se tante persone hanno voglia di fare i girotondi tenendosi per mano, perché aspettare l'invito dei Lou Dalfin per mettersi in cerchio e ballare in piazza? L'ostinato "ritorno alle radici", talvolta, suona quasi come un invito, forzato, ad essere spontanei. A far finta che il mondo non conosca l'esistenza della luce elettrica e ami ancora trastullarsi con fiammiferi e candele. Il risultato? Una piazza più vuota del solito, molta disattenzione fra il pubblico e solo pochi giovani davvero coinvolti nell'intero progetto. Ma questo è il folk di oggi, una musica "forzosamente" popolare e meno "universale" di quanto credano i fans del genere. Una serata particolare, quindi. Che ha aperto con qualche impaccio una manifestazione più che degna e che sicuramente avrà modo di recuperare presto il poco terreno inaspettatamente perduto. Insomma, l'idea di puntare i riflettori sul nostro Centro è sempre ottima. Forse servirebbe più fantasia sulla scelta dei nomi da far salire sul palco.

Emiliano Raffo

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