Martedì 12 Aprile 2005 - Libertà
In Fondazione presentato il libro "A cena da Trimalchione"
Come si mangiava nella Roma imperiale: Del Re indaga negli scritti di Petronio
Sembra un giallo, che prende e non molla più. Dal contenuto non si direbbe: ricette. Come si gialleggia su ricette? Romane, poi. Dell'Impero, di duemila anni fa. Eppure… Ecco la magia dell'autore, il professor Attilio Del Re che di titoli accademici ne ha, soprattutto sa trattare la cultura perché diventi significativa. Dunque, vera cultura e non il solito collage, date e fatterelli, più simili alla lista della spesa che ad altro.
Chi è Attilio Del Re? Di tutto e di più, si potrebbe dire. Sì, perché, oggi è ordinario di biochimica alla nostra Facoltà d'Agraria. Inoltre, maestro d'organo e composizione organistica, così, tanto per affiancare. Oggi, annotavo, ma riprendo dalla sua biografia spiritosa: "Domani, non si sa. Creatore e ricercatore d'intense e varie curiosità, si dedica, più o meno nell'ordine, alla composizione musicale, alla trasformazione degli alimenti ed ai modelli matematici dell'ambiente".
Intuito, allora, passione, metodo ed un filo d'umorismo tra le righe del suo recente volume "A cena da Trimalchione" Viennepierre edizioni. Il professor Del Re, Maigret all'antichità, come l'ispettore appassionato di cucina, s'imbatte in un opulento banchetto a casa di Trimalchione, un liberto che strafà per stupire i convitati con una sfilza di portate. "Vivete per magiare", sembra gridare. Dove la scopre il professor Del Re questa cena? Minutamente descritta nel Satyricon, attribuito a Petronio Arbitro, contemporaneo di Nerone. Allora il professore distende la sua ragnatela, forte di vasta cultura. Ci vuole storia, lingua latina, paragoni con autori del tempo, ricerche d'abitudini, chimica degli alimenti, indagini nutrizionali… La lente ingrandisce ed indaga.
Come si nutrivano i patrizi romani al tempo dell'Impero? Ecco lo scopo per la ricerca. Quante portate, prima di tutto, in quella cena? 48, per gradire. Ed esaminare. Antipasti, allora, "allata est tamen gustatio" è portato quindi un antipasto. Uno? Una schiera. Olive verdi, nere, cotte nel mosto, le oleae saltano fuori dappertutto, prima che si passi ai glires, proprio ai ghiri al miele con semi di papavero, arrostiti sul clibano, un fornetto portatile.
Indaga, indaga il professore e scopre le tomacula ferventia, salsicce bollenti, che potrebbero anche essere formaggelle come le tome piemontesi. Belle queste indagini a tracciare linee passanti tra i prodotti di ieri e d'oggi! Scoprirà il professor Del Re il bandolo della matassa? Non si dice, per non togliere il piacere della trama. Proprio trama. Tutta tessere e tesserine per l'affresco finale. A colpi d'un bel latino, sempre tradotto e brioso, e d'un italiano concreto, a spizzichi d'umorismo tanto per insaporire. Conclude il professore, in bellezza. Si possono riprodurre i piatti? Sì, con qualche adattamento. Ed indica come. Poi, a scanso d'equivoci, annota i valori nutrizionali delle portate. Forse ad evitare che qualcuno ne metta in tavola ben 48? Interessanti i commenti di Renato Besenzoni, Pietro Fumi, Mauro Sangermani intervenuti ieri alla presentazione del libro all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Storia, tradizione, cucina e letteratura a dar giusto contorno.
LUIGI GALLI