Lunedì 24 Ottobre 2005 - Libertà
Scrivere l'arte - Ieri alla Ricci Oddi
Ritratto di borghese con pittore scapigliato
Ospite lo scrittore padovano Mozzi
«Eppure l'uomo col giornale in mano ci guarda / con uno sguardo attento e cortese / con lo sguardo di chi ha interrotta un'occupazione / e sta in attesa: / sta in attesa che noi, noi, gli diciamo qualcosa».
L'uomo col giornale che interrompe la sua occupazione, alza lo sguardo verso di noi e si pone in attesa è quel cavalier Giuseppe Bianchi, mercante ligure, che Tranquillo Cremona ha ritratto nel 1872. I versi che ce lo descrivono invece sono quelli di Giulio Mozzi, scrittore padovano che ieri mattina ha tenuto una lettura alla "Ricci Oddi" sollecitato dal direttore Stefano Fugazza . Era il secondo incontro del ciclo Scrivere l'arte che per cinque domeniche consecutive permetterà al pubblico - piuttosto folto anche ieri - di vedere all'opera scrittori italiani che si cimentano nella scrittura di un testo ispirato a un'opera del museo cittadino.
La novità rappresentata da Mozzi rispetto agli interventi precedenti è questa: il suo testo "va a capo", come lui stesso ha detto. Non che si tratti per forza di poesia, quanto piuttosto di un testo che ha delle particolari scansioni di cui tenere conto quando lo si legge. La tecnica (ripetizione di un ritornello cui si aggiunge sempre una nuova osservazione), è in qualche modo desunta dai Salmi .
Il cavalier Bianchi che si fa ritrarre è un borghese capace di arricchirsi grazie al talento nel commercio. Decide di farsi ritrarre: sceglie lo scapigliato Tranquillo Cremona, si mette in posa con il vestito migliore, le medaglie, la catena dell'orologio bene in vista. Queste diventano le insegne del suo stato. La mano destra però continua a impugnare una copia del "Corriere mercantile": si tratta del giornale strumento della ricchezza di Bianchi, che consultandolo trae materiale per i suoi affari, e forse per questo lo nasconde quasi con pudore. Ecco: a distanza di più di un secolo, dice Mozzi, le insegne di quest'uomo non ci dicono più niente (che medaglia ha al petto?), mentre il giornale che nasconde continua a parlarci di quello che lui è stato.
Non solo questo però è il patrimonio dell'incontro di ieri. Lo scrittore ospite ha infatti dialogato col pubblico sia prima che dopo il suo reading , allargando la prospettiva e la lettura dell'opera. Interessanti le considerazioni sul ritratto nobiliare rispetto a quello borghese. Chi viene da casata nobile infatti si sente già parte di un qualcosa di più grande, che viene dal passato e resterà nel futuro, significato dal suo cognome. Al contrario il borghese (arricchito dal niente) non può lasciare un blasone ai figli. Così per il primo farsi ritrarre non è che documentare se stesso come parte di un'eternità, mentre per il secondo è la necessità di restare nonostante la sua fortuna non sia che un accidente e il suo cognome ignoto.
Al termine è stato possibile discendere dall'aula didattica ed entrare in Galleria per vedere da vicino l'opera. Il nuovo appuntamento è allora per domenica prossima, quando Piersandro Pallavicini leggerà il suo racconto ispirato a Dopo le piogge di marzo (Giardino Reale di Torino) di Marco Calderini.
Gabriele Dadati