Mercoledì 15 Febbraio 2006 - Libertà
Testimoni del tempo - Il giornalista e scrittore domani all'Auditorium della Fondazione
De Luca, l'impegno della scrittura
«I miei libri sono i miei ricordi, la vita nero su bianco»
Il prossimo importante intervento in seno alla rassegna curata da Eugenio Gazzola "Testimoni del tempo" sarà quello dello scrittore e giornalista Erri De Luca, ospite domani all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano domani. De Luca, nato a Napoli nel 1950, a soli 18 anni vive intensamente l'esperienza del '68, aderendo al movimento Lotta Continua; a seguito di questa esperienza intraprende differenti mestieri.
E' operaio qualificato alla Fiat, magazziniere all'aeroporto di Catania, camionista, poi muratore, e come tale lavorerà in diversi cantieri francesi, africani o italiani. Giornalista politicamente impegnato (è opinionista di varie testate, tra cui Il Manifesto), poeta, scrittore e traduttore, De Luca incarna davvero il tipo dell'intellettuale polivalente, impegnato com'è su svariati fronti espressivi e tematici.
Una fucina di ricordi, esperienze e palpiti di vita vissuta caratterizzano la scrittura di De Luca: tratti questi che però non si sposano con una forma espressiva ampia e articolata, ma anzi piuttosto scabra ed essenziale… così come le sue parole: minime, eppure intense, nella breve intervista che ci ha concesso.
Lei è poeta, romanziere, saggista (mi riferisco ai suoi interventi sulla carta stampata ed in specie su Il Manifesto): scritture diverse le sue, che fanno domandare quale sia la forma espressiva che ritiene a lei più congeniale?
«Non ho una preferenza: preferisco la parola, in qualsiasi forma essa sia. Ciò che mi interessa è la forza della parola di per sé, le sue potenzialità espressive e il fatto che essa, impiegata in qualsiasi medium espressivo, assicura compagnia a chi legge e ancora prima a chi scrive».
A questo proposito, in un'epoca come la nostra, ormai senza alcun dubbio assimilabile per antonomasia alla categoria della velocità, che spazio rimane al tempo dello scrivere e a quello del leggere? Che funzione a suo avviso, ammesso che ne abbia ancora, possiamo riconoscere alla letteratura?
«Senza dubbio lo spazio è limitato, il tempo risicato: del resto il leggere e lo scrivere sono attività gratuite che si compiono senza tornaconto. Scrivere (e leggere) sono atti di gratuità totale il cui unico scopo è la compagnia: credo che la letteratura sia appunto questo: compagnia, consolazione».
Dunque solo natura consolatoria? La letteratura non ha altri scopi (la denuncia ad esempio)?
«A mio avviso la letteratura è e basta, non ha altre finalità se non se stessa, non vuole educare, non vuole spiegare; vuole solo fare compagnia, assicurare un momento di pura soddisfazione».
Alcuni scritti critici individuano un fil rouge caratterizzante la natura del suo scrivere: viene detto che la sua scrittura è tesa a far rivivere il passato e per ciò stesso contrae una netta distanza rispetto alla dimensione del futuro, elemento quest'ultimo sembrerebbe di capire del tutto assente nella sua produzione. Insomma tutto ciò a dire che Erri De Luca è uno scrittore profondamente pessimista. Condivide questa lettura della sua opera?
«No: chi ha detto che il ricordo è pessimista? La dimensione del ricordo per me è bellissima: sono una persona che tende a dimenticare le cose molto facilmente e dunque la scrittura è per me un modo di fissare per iscritto momenti, impressioni e fatti che all'improvviso mi vengono in mente e sento il bisogno di bloccare sulla pagina. I miei libri sono la mia vita messa nero su bianco, sono i miei ricordi, il mio passato. Ed è per questo che intendo la mia scrittura come compagnia, perché appunto mi fa compagnia».
Se ne ha, quali sono i suoi modelli e come collocherebbe Erri De Luca nel panorama letterario contemporaneo italiano?
«A collocarmi nel panorama letterario lascio che sia l'editore, di questo non mi curo; riguardo ai modelli? sicuramente sono nell'ambito della poesia, direi soprattutto quella del '900».
Perché questa preferenza? Cos'ha la poesia che manca alla prosa?
«La sintesi, la particolare perfezione musicale del verso, la capacità di afferrare al volo un problema, uno stato d'animo nel giro di poche righe».
Passando in rassegna la sua bibliografia, colpisce l'alternanza di case editrici diverse. Circuiti di larga distribuzione (Mondadori, Feltrinelli) e piccole case quasi sconosciute. Come mai questa scelta? Crede ci sia una differenza sostanziale tra la produzione degli editori maggiori e quella degli sconosciuti?
«Quasi metà della mia produzione è stata affidata a case editrici minori, ma non c'è un motivo particolare se non il fatto che si tratta di case di amici. Parlando
delle differenze tra grandi e piccole case editrici, posto che certo
una casa piccola ambisce a diventare grande, è vero che esse sono
particolarmente attente alle novità e agli esordienti, spesso invece
dimenticati (per forza di cose) dalle grandi case».
Ci sono nuovi progetti in cantiere?
«Attualmente sto lavorando ad un
progetto innovativo per me, perché sto scrivendo assumendo un punto
di vista femminile ed è la prima volta che lo faccio su una
narrazione più distesa di un racconto. La radice dello scrivere è
comunque sempre la medesima: sorge un ricordo e allora cerco di
raccoglierlo e di narralo dall'interno».
Salvatore Mortilla