Lunedì 27 Febbraio 2006 - Libertà
Intervista alla docente di psicologia che giovedì sarà ospite dei "Testimoni del tempo"
«Il dramma silenzioso dei bambini»
Silvia Vegetti Finzi affronta lo sfascio della famiglia
Silvia Vegetti Finzi, docente di psicologia dinamica all'Università di Pavia, è nata a Brescia il 5 ottobre1938; particolarmente nota per la sua attività di psicoterapeuta, vanta interessi nell'ambito della psicologia infantile e della famiglia. Dal 1986 scrive sul Corriere della Sera e attualmente cura una rubrica di grande successo per il settimanale Io donna. Silvia Vegetti Finzi sarà ospite della rassegna Testimoni del tempo il giovedì prossimo all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. In attesa di incontrarla, le abbiamo posto alcune domande sui suoi studi più recenti e su alcune questioni di scottante attualità.
E' recente la pubblicazione di un suo libro intitolato "Quando i genitori si dividono. Le emozioni dei figli" (Mondadori), nel quale lei indaga il problema ormai attualissimo della separazione, cercando di mettere in luce le reazioni di chi solo apparentemente pare estraneo al dramma: i figli appunto? quali sono le reazioni dei bambini? Cosa si può fare per ridurre al minimo i danni?
«Il problema della separazione è sempre più attuale e presente, nella realtà dei fatti e nelle riflessioni della gente; è però curioso notare come ad essere chiamati in causa siano i soli componenti la coppia, senza prestare attenzione a chi, protagonista nascosto, vive in realtà la cosa con grande sofferenza e partecipazione emotiva: appunto, i figli. Mentre i genitori hanno tante occasioni per parlare (avvocati, parenti, mediatori), i bambini no. Per questo ho voluto dedicare il mio ultimo libro a chi non ha voce, ma ovviamente sente. I ragazzi vivono enormi conflitti, di qualsiasi età siano, addirittura anche prima di nascere, allo stato di gestazione. I genitori quindi dovrebbero stare molto più attenti e cercare di cogliere parole, manifestazioni e disagi. L'errore che invece più spesso si compie è quello di pensare che i figli, o perché troppo piccoli o perché adolescenti, siano disinteressati a ciò che accade ai loro genitori: non è vero. Occorre piuttosto rendere i ragazzi partecipi di quello che succede in casa, stando però ben attenti a non farne dei complici contro l'uno o l'altro genitore: i figli hanno infatti bisogno di entrambe le figure parentali».
Sempre più separazioni, sempre più disagi. L'istituzione "famiglia" è insomma in crisi?
«Assolutamente sì: pensi che le statistiche registrano una separazione ogni due matrimoni! Le cause sono molteplici: il lavoro precario, la ritardata acquisizione di autonomia, la difficoltà a trovare casa. Ma il vero problema è l'assenza di tempo, tempo per parlare, per confrontarsi, per capirsi. E così, quando nasce un figlio (che in teoria dovrebbe rafforzare il rapporto), succede che gli impegni e le responsabilità aumentano di pari passo con la diminuzione del tempo, l'aggravio di responsabilità pesa sui genitori che si trovano del tutto impreparati e si innescano le crisi».
Ritornando al discorso delle figure parentali... lei sostiene la necessità di entrambe le figure dei genitori, papà e mamma. Mi domando allora come valuta la possibilità di famiglie con genitori omosessuali.
«Io credo che più che l'aspetto biologico conti quello psicologico: e a questo proposito ritengo che un figlio abbia bisogno di un padre e di una madre perché essi incarnano due figure comportamentali diverse. Non so se due persone dello stesso sesso sarebbero in grado di assolvere a questa funzione. Del resto, nel campione di interviste che ho usato per la stesura del mio libro, ho parlato con 150 figli e credo di poter dire di aver riscontrato in tutti un grande bisogno di "padre" e di "madre"».
Il suo è certamente un osservatorio privilegiato per l'indagine sui problemi di uomini e donne oggi e nel corso del tempo. Quali sono a suo avviso le problematiche più frequenti dei giovani e degli adulti con cui si confronta nel suo lavoro?
«Nei giovani si riscontra un grande bisogno/desiderio di padre, si nota un grumo di difficoltà proprio nell'assenza o nel carattere non soddisfacente della figura paterna; negli adulti prevale piuttosto il desiderio di formare una coppia e la difficoltà di dare compimento a questo sogno. Il problema è che ormai abbiamo superato il modello familiare in cui il maschio comanda e la donna obbedisce: uomini e donne hanno compreso che sono paritetici per dignità, ma intrinsecamente diversi. Ora il problema sta nel costruire un rapporto effettivamente paritetico, ma come? La risposta non è stata ancora trovata?e forse appunto su questo nodo poggia la crisi dell'istituto familiare».
Un'ultima domanda ancora su un tema di attualità: l'immigrazione. Si ha la percezione che l'alterità coincida sempre più spesso con l'estraneità tout court: l'altro è sempre più xenos e sempre meno filos: come vede lei il problema? Che impatto ha la diversità nei bambini più piccoli?
«I bambini non hanno problemi: cosa che invece hanno gli adulti. Chiaro dunque che il ruolo di insegnanti e genitori dinnanzi al problema del diverso è decisivo. Guardando alla storia si constata che la molteplicità è sinonimo di ricchezza perché le società multietniche sono sempre state le più ricche. Certo però che il problema necessita di essere affrontato in modo serio e tempestivo, senza che nessuno si fasci la testa».
Salvatore Mortilla