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Venerdì 3 Marzo 2006 - Libertà

I Testimoni del tempo - La psicologa ospite all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano

Vegetti Finzi: «L'importante è parlare»
Le emozioni dei figli quando i genitori si separano

Nuovo stimolante incontro della rassegna I testimoni del Tempo ieri sera all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Introdotta dal curatore della rassegna Eugenio Gazzola ieri è intervenuta Silvia Vegetti Finzi, psicologa e docente di psicologia dinamica presso l'Università di Pavia. Occasione della serata è stata la presentazione dell'ultimo libro della studiosa Quando i genitori si dividono. Le emozioni dei figli, interessante saggio nato grazie alle testimonianze di 150 "pazienti" della Vegetti Finzi che hanno risposto all'appello dalla scrittrice lanciato ai suoi lettori della rivista Donna Moderna.
Dopo il saluto iniziale dell'assessore ai servizi sociali del Comune di Piacenza Paolo Dosi, hanno stimolato le risposte dell'ospite della serata, i quesiti del sociologo Giuseppe Magistrali e del direttore del Centro studi Beonio Brocchieri, il professor Paolo Pissavino.
«Avrei preferito non scrivere questo libro», ha esordito Silvia Vegetti Finzi. «Avrei sperato che la separazione potesse ridursi ad un incidente di percorso, ma invece oggi il problema è di una urgenza spaventosa e occorre fronteggiarlo. Questo libro è nato con questo scopo, ma anche con la speranza che la sua lettura possa costituire un deterrente per quanti hanno intenzione di separarsi, soprattutto se genitori di figli non importa di quale età». E del resto proprio su questo tema si accenta l'attenzione della studiosa nel suo libro: appunto la frequenza degli episodi di separazione, ma soprattutto l'incidenza che detti episodi hanno sui figli. «Il libro nasce da settecento pagine ricche di memorie e confidenze - ha precisato la psicologa - sono 156 lettere di figli di separati che finalmente chiedevano e ricevevano ascolto. Se un insegnamento si può trarre da tutto questo è l'importanza del parlare, la necessità di evitare che il dolore sia rimosso, appunto il dolore derivato dalla separazione».
Interrogata circa l'evoluzione del fenomeno "separazione", la professoressa Vegezzi Finzi ha inoltre ricordato come oggi si tratti di una realtà diffusa e che non determina più scandalo: «Io sono laica e dunque non mi scaglio a priori contro la separazione, di più ritengo che le coppie sposate o conviventi siano paritarie (dal punto di vista dei figli) nel momento in cui ci si separa. La separazione è un dato di fatto che non deve provocare e di fatto non provoca più stupore. Se parliamo di evoluzione del fenomeno, tenendo presente tutto questo, io auspico che la "vera" evoluzione stia nel comprendere l'importanza del dolore dei figli e quindi l'urgenza del loro coinvolgimento nell'esperienza della separazione. I figli sono partecipi di ciò che accade nel momento in cui la coppia si rompe, sempre, persino dal momento della gestazione, visto che sappiamo che le emozioni della mamma passano al figlio che le sta ancora in grembo».
Ma come si può evitare il dolore dei figli? Cosa si può fare per renderli partecipi senza traumatizzarli? Alla domanda la professoressa ha risposto partendo dalla centralità della così detta "scena madre" della separazione, ovvero quella in cui viene detto ai ragazzi che i genitori non sono più una coppia. «Questo è il momento clou della vicenda, è il momento che rimarrà impresso nella mente del figlio per sempre e che influenzerà il suo essere per tutta la vita: si tratta di un momento cruciale che, in un modo o nell'altro, costituisce un vero e proprio shock! E allora che fare? Io rispondo ancora che la soluzione è parlare, trovare le parole giuste, sapere quelle da non dire, ma comunque dialogare coi ragazzi, perché l'errore più grande è quello di non renderli partecipi. Ci sono due paragrafi del mio libro che contengono, a partire dal titolo, la chiave del problema: si chiamano "Dite quello che fate" e "Fate quello che dite". Ma - ha continuato la relatrice - se il dolore causato da una separazione è fatto innegabile, proprio di qualsiasi età e diverso a seconda dell'età stessa, c'è un modo solo per superare la sofferenza ed è l'amore dei genitori».
La professoressa ha poi raccontato di come si configuri l'evento della separazione, descrivendone gli attori: i genitori, gli avvocati, ma anche il cosiddetto "coro degli astanti", ovvero quanti, parenti e amici, stanno attorno alla coppia, rischiando di soffocare i figli. «Ai genitori sono date numerose occasioni di dialogo, ma ai ragazzi? Sbagliando, si pensa che siano troppo piccoli oppure troppo gradi e così li si lascia all'oscuro di tutto: ma in questo modo sorgono silenzi, malattie psicosomatiche, atteggiamenti che svelano disagio. Accade cioè che ciò che la lingua non dice, lo esprima il corpo: ed è un linguaggio che parla dolore».

Salvatore Mortilla

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