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Venerdì 10 Marzo 2006 - Libertà

Piacenza jazz fest - Stasera l'omaggio a Pasolini allo spazio "Le Rotative" di via Benedettine

Mastandrea, "Accattone" in stile jazz
Rea, Petrella e Gatto alle parti musicali dello spettacolo

PIACENZA - «L'idea di prendere un film di Pier Paolo Pasolini e di farne uno spettacolo teatrale con musiche jazz è dello scrittore Stefano Benni, che me ne parlò quattro anni fa. Io gli proposi Accattone, il film del 1961 interpretato da un grande Sergio Citti nella parte di uno squattrinato un po' vagabondo e un po' magnaccia, il cui soprannome dà il titolo al film. Stefano fu d'accordo e ci lavorammo insieme: debuttai al Festival di Roccella Jonica, accompagnato da grandi jazzisti come Danilo Rea al pianoforte e Gianluca Petrella al trombone. Lo spettacolo piacque molto e decidemmo presto di riprenderlo. Petrella non era più della partita, ma entrò al suo posto Roberto Gatto, il più famoso batterista jazz italiano. Ecco, questa è la storia dello spettacolo che state per vedere a Piacenza».
Così Valerio Mastandrea, uno degli attori più interessanti della "leva" italiana dei trentenni, presenta Accattone, lo spettacolo che sarà rappresentato stasera alle 21.15 allo spazio "Le Rotative" di Libertà, in via Benedettine 66, e che lo vede protagonista accanto a due dei maggiori jazzisti italiani, il pianista Danilo Rea e il batterista Roberto Gatto. Si tratta del secondo appuntamento di Il jazz va in scena, la brillante e innovativa «finestra sul teatro» aperta quest'anno nel cartellone del Piacenza Jazz Fest, il festival organizzato dal Piacenza Jazz Club presieduto da Gianni Azzali con il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano, Comune, Provincia, Regione e sponsor privati.
«Valerio legge brani della sceneggiatura di Accattone, mentre alle sue spalle vengono proiettate immagini del film: io e Danilo intanto improvvisiamo e, quando le parole tacciono, la musica è protagonista», spiega Roberto Gatto, star della batteria e autore delle colonne sonore di diversi film («Amo il cinema: del resto, sono nipote di Ermanno Olmi», ride lui). Se, quando pensiamo ad Accattone, pensano alle musiche di Bach che volle Pasolini, Gatto spiega che, sul palco, tutto cambia: «Molte musiche sono nostre, altre sono citazioni da canzoni: per esempio, quando si cita il personaggio di Stella, la ragazza di cui Accattone si innamora, accenniamo il tema di Stella by starlight di Victor Young. Ma il peso dell'improvvisazione è tale che che ogni serata è molto diversa dalle precedenti. Questa operazione ci è piaciuta così tanto che, al teatro Ambra Jovinelli di Roma, abbiamo fatto la stessa cosa con Paola Cortellesi che leggeva il copione di un altro capolavoro di Pasolini, Mamma Roma. L'effetto è quello delle letture pubbliche con accompagnamento jazz dei poeti "beat" americani, come Kerouac e Ginsberg».
A parlare del senso "poetico" di questo omaggio jazz a Pasolini è Valerio Mastandrea, un attore umorale e intensissimo, un eclettico talento senza manierismi di scuola, capace di interpretare alla grande in teatro il musical Rugantino che fu di Nino Manfredi e di lasciare il segno in film d'autore come L'odore della notte di Claudio Caligari e Velocità massima di Daniele Vicari.
Valerio, perché ha scelto questo film?
«Accattone è il film di Pasolini cui sono più legato, quello in cui mi identifico più a fondo, anche se la Roma e la borgata del Pigneto "in bianco e nero" che descrive, ancora quasi contadine, sono così diverse dalla Roma "a colori" in cui sono già cresciuto io: quella di oggi è una Roma più ricca ma meno vivibile di quella di allora. Pur essendo un film su Roma e le sue borgate, però, Accattone è un'opera d'arte universale, perché parla di una miseria materiale e morale che, secondo me, è la stessa nelle periferie di tutto il mondo, da Johannesburg a Los Angeles, da Parigi a Bombay».
Come affronta, da interprete, questo copione? In che cosa il suo Accattone è simile a quello di Sergio Citti e in cosa è diverso?
«Io mi concentro sulla parola, non recito con le immagini del film in testa. E, nelle nude parole della sceneggiatura, Pasolini è più potente e crudo di quanto non sia nelle immagini, più vicino alla durezza di romanzi come Ragazzi di vita. Nonostante Pasolini volesse molto bene ai disperati come Accattone, il suo sguardo d'artista è spietato: fotografa, quasi con crudeltà, la misteriosa incapacità che ha Accattone di cogliere le occasioni che potrebbero fargli cambiare vita, la sua incapacità di riscattarsi dal proprio degrado. Io, da attore, cerco di comunicare questa spietatezza, questa durezza. Ma la mia recitazione è influenzata, ogni sera, da quello che suonano i miei compagni accanto a me: reagisco all'umore della musica, divento un po' un jazzista anch'io».

Alfredo Tenni

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