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Lunedì 15 Maggio 2006 - Libertà

Intervista all'ex presidente della Corte costituzionale che questa sera sarà ospite della rassegna "I Testimoni del Tempo"

«Auspico un clima di concordia»
Zagrebelsky: sbagliato drammatizzare le divisioni

Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte costituzionale, docente all'Università di Torino e collaboratore di alcuni importanti quotidiani nazionali, sarà il prossimo importante ospite della rassegna I Testimoni del Tempo, iniziativa promossa dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano e curata da Eugenio Gazzola. L'appuntamento è per questa sera; nel mentre abbiamo intervistato il nuovo ospite dell'aditorium della Fondazione, sottoponendo alla sua attenzione alcune questioni di stretta attualità e non.
E' da poco passato il 25 aprile e tra non molto sarà il 2 giugno: ogni volta che ci sono queste ricorrenze si rischia di perdere la dimensione della festa nazionale a favore della festa di partito. Da qui discendono oziosi scontri politici e inutili diatribe. Lei che parere ha al proposito?
«Quelle che lei cita sono feste nazionali: lo sono il 25 aprile, il 2 giugno e il 4 novembre: sono feste di tutto il paese e non solo di una parte di esso, quale che questa sia. Fintanto che le si percepirà invece come feste di parte, vorrà dire che il senso nazionale è lungi da essere proprietà degli italiani? e al proposito davvero io auspico un clima di concordia a venire. Anche se, a questo proposito, mi sento di fare una precisazione: in questi ultimi tempi abbiamo sentito dire con insistenza che il Paese è spaccato in due, diviso. Con queste dichiarazioni non si fa altro che drammatizzare la cosa, intendendo la divisione come frattura irreparabile; al contrario io credo che essa sia fisiologica: il Paese ha semplicemente votato, e non è per questo diviso».
Altra domanda legata ai fatti di queste ultime settimane: posso chiederle un parere sul nuovo presidente della Repubblica Giorgio Napolitano?
«Posso solo dire che sono felicissimo della sua elezione e che senza dubbio credo che egli sarà in grado di essere un presidente di garanzia. Penso che Napolitano sia la persona giusta al momento giusto: ho la fortuna di conoscerlo di persona e so per esperienza personale che è un uomo saggio ed equilibrato».
A questo punto, non posso non domandare a Gustavo Zagrebelsky un parere, un bilancio sulla riforma della Costituzione che andremo a votare attraverso il referendum tra breve. Se ce ne sono, quali elementi negativi e positivi si sentirebbe di individuare?
«Preferirei non rispondere in questa sede alla sua domanda perché si rischia solamente di semplificare il problema, visto che la questione è particolarmente complessa. Pertanto prendendo una qualsiasi posizione, potrei finire col fare affermazioni che apparirebbero immotivate. Parlerò comunque della questione questa sera».
Quali le tematiche che affronterà nel corso dell'incontro della rassegna "I testimoni del tempo" che la vede ospite dunque?
«Ho intenzione di parlare della Costituzione del '48 e della sua vitalità: vorrei tratteggiare un percorso d'insieme sull'intera vicenda costituzionale e democratica. Chiaro che poi vorrei anche parlare della riforma a cui lei faceva riferimento, precisando innanzitutto che non solo di devolution si parla (come invece spesso si pensa), ma anche di divisione del potere e di modificati ruoli e organismi costituzionali».
Mi permetto ora di farle una domanda che forse esula un po' dalle questioni di cui parlerà ai piacentini, ma che non credo di minore interesse. Il quesito al quale penso è questo: ci sono numerosi intellettuali che dichiarano la natura infeconda dell'Unione Europea. Meglio, riconoscono all'UE un grande significato, ma ne individuano una forte latenza. Insomma viene da pensare che se un'Europa c'è, essa è solo un'unione di stati fondata su patti economici, al contrario la reale unione politica è lungi da essersi configurata. Lei che ne pensa?
«Il problema che lei delinea è assolutamente presente e reale: non si tratta solo di speculazioni di intellettuali, ma di fatti che si possono toccare con mano, come dimostrano gli esiti dei referendum in Olanda e Francia? sembra che il processo di unione costituzionale dell'Europa stia insomma vivendo una battuta d'arresto. Il fatto è che non ci sono motivazioni culturali forti: in tal senso l'Europa si riduce ad una zona di libero scambio economico e turistico, nei paesi componenti la quale ci sentiamo a casa nostra solo in quanto turisti, appunto. Le cause di questa non unione politica dell'Europa sono a mio parere di due nature diverse: da un parte ci sono questioni legate al piano dei diritti, dall'altra questioni economiche. Riguardo al primo punto, bisogna considerare che non tutti i paesi membri sono allo stesso livello sul piano dei diritti: chiaro al proposito l'esempio dell'Olanda, realtà particolarmente avanzata nella protezione di alcuni diritti altrove contestati. In questi casi si è restii all'accettazione di un'unione politica (che poi implica un'unione anche giuridica) che viene avvertita come una "marcia indietro". Riguardo poi alla seconda questione, quella di natura economica, occorre rendersi conto che un'unione si può fare solo se tutti confidano in un domani positivo, perché quando invece si teme per il futuro la tendenza è quella all'autodifesa, quindi alla chiusura».
Quale destino allora per l'Europa?
«Io credo che il futuro sia assolutamente in termini di unione, altrimenti per noi sarebbe l'inizio di un rovinoso declino. Soprattutto a fronte dello strapotere degli Usa, delle economie emergenti asiatiche e dell'Africa, continente che prima poi si sveglierà e che in quel momento sarà bene ci trovi preparati».

di SALVATORE MORTILLA

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