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Martedì 22 Marzo 2005 - Libertà

Il nuovo libro di Ettore Carrà

L'impero francese fu il precursore degli stati polizieschi

Nella sua storia travagliata, l'ex monastero di San Sepolcro - tra i protagonisti lo scorso fine settimana delle Giornate Fai di Primavera - ha svolto dal 1806 al 1812 anche la funzione di carcere, per i colpevoli di reati politici. Lo ricorda Ettore Carrà nel libro "L'ordine pubblico nel periodo napoleonico. Piacenza 1806-1814" (Tip.Le.Co), nuova edizione, riveduta ed ampliata di una precedente pubblicazione edita nel 1990, che verrà presentata giovedì alle 17.30 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via S. Eufemia, 12. Interverranno, oltre all'autore, Fabrizio Achilli, presidente dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea, Vittorio Anelli, direttore del "Bollettino Storico Piacentino" e Stefano Pronti, direttore della biblioteca Passerini Landi. L'interesse di Ettore Carrà si concentra da tempo sull'età napoleonica, della quale viene indagato in questo saggio il sistema di controllo sui veri o presunti oppositori del regime. A partire dall'assunto che "l'impero francese fu senz'altro il precursore dei moderni stati polizieschi. La polizia ebbe uno sviluppo considerevole (...) e in dieci anni domerà tutta l'opposizione politica" (Gachot). Obiettivo del libro di Carrà è dimostrare la sostanziale equivalenza tra la dittatura di Napoleone e quella fascista. "Napoleone ha introdotto novità importantissime, tra cui una legislazione avanzata, tribunali che garantivano uguaglianza, pubblico dibattito e vari gradi di ricorsi, ma anche una dittatura terribile". Carrà spiega come gli arrestati per reati politici venissero affidati nelle mani del Ministro della Polizia, senza avere alcuna certezza sulla durata della pena. In San Sepolcro (ribattezzata da Carrà la "Bastiglia piacentina") finirono anche i "preti romani" (tra i quali San Gaspare Del Bufalo), che si erano rifugiati a Piacenza esuli dallo Stato della Chiesa occupato dalle truppe francesi e che nel 1812 rifiutarono di giurare "fedeltà alla Costituzione dell'Impero e all'imperatore". Nello stesso anno il sottoprefetto Caravel (il cui ritratto era esposto a Palazzo Galli nella mostra di Gaspare Landi, attualmente in corso a Roma) fu incaricato di compilare l'elenco (riportato integralmente da Carrà) delle famiglie piacentine che avevano accolto i sacerdoti transfughi. I figli di genitori così "conservatori" avrebbero dovuto essere sottratti ai parenti e rieducati in istituti statali. A San Sepolcro finirono anche tre dei quattro fratelli Maggi (nipoti dell'abate Giampaolo, in corrispondenza con letterati ed artisti, tra cui il Landi), rei di aver letto o ascoltato un sonetto critico verso il governo. Vennero poi condannati al domicilio coatto (del quale Carrà riscontra le analogie con il confino politico durante il fascismo) in Francia, nonostante avessero un influente fratello deputato a Parigi. Carrà ha ricostruito l'emblematica vicenda attraverso il carteggio, conservato presso il discendente Pierluigi Peccorini Maggi.

An.Ans.

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