Sabato 23 Settembre 2006 - Libertà
Madri della terra - Primo giorno del summit (si prosegue oggi) al Municipale gremito di giovani. «Creiamo città protette per i bambini»
«Noi donne, task-force di pace»
Lo spirito di Rigoberta, il coraggio di Betty, Jody e Shirin
Betty, Rigoberta, Jody e Shirin. Ciascuna è una forza della natura. Insieme sono la più formidabile macchina di pace che si possa immaginare.
Guerrafondai di tutto il mondo, correte a nascondervi. Da Piacenza parte un'offensiva che mette al centro della propria azione la difesa dei bambini dai conflitti, che sostiene la proposta di creare almeno dodici città-faro nelle zone calde del pianeta dove i più piccoli e indifesi siano al sicuro, che afferma la priorità data al nutrimento e non alle spese per armamenti o nucleare, dagli Usa all'Iran.
Sono le prime suggestioni del summit "Madri della Terra" iniziato ieri al Municipale di fronte ad una folta platea di studenti, presenti il sindaco Roberto Reggi, il presidente della Provincia Gian Luigi Boiardi, gli organizzatori della Fondazione Gorbaciov Marzio Dallagiovanna, Vittorio Torrembini e Cristiano Grandi. In apertura uno struggente (e applaudito) video della Provincia dedicato a suor Leonella, donna solare e «senza paura».
C'è Betty Williams (Nobel 1976), fluente coda di cavallo biondo oro e occhi di cielo. Trent'anni fa è scesa per la strada in Irlanda del nord con altre madri e ha finito per trascinare con sé un milione di manifestanti (compresa Joan Baez). Oggi sta costruendo in Basilicata, in un antico convento, una città della pace per i bambini, modello ideale di un'auspicabile costellazione di cittadelle della compassione, di rifugi protetti. Ha fondato il World Centers of Compassion for Children International perché «chi dà la vita deve anche proteggerla» e a Piacenza presenta un video che denuncia le sofferenze dell'infanzia violata, stuprata, mutilata e affamata. «Ogni giorno 40 mila bambini muoiono di fame e ogni giorno basterebbe che ognuno mettesse in una scatola un euro per assicurare un pasto».
C'è Shirin Ebadi (Nobel 2003), piccolissima, serissima. Volto persiano. Tra le prime donne giudice in Iran. Condannata a morte per la sua difesa dei diritti civili, si è visitata Piacenza scortata da due poliziotte. Protesta per il budget delle armi che supera sempre quello per l'istruzione, vorrebbe che tutti gli stati, Usa inclusi, aderissero alla convenzione per rendere prioritari i diritti dei bambini. Il suo Paese? «Finché l'Iran ha minori per strada non ha bisogno di investire sul nucleare». Invita a non rifugiarsi in una vita tranquilla quando ci sono città che bruciano («Ascoltiamo il dolore degli altri»). «Ai nostri figli - raccomanda - regaliamo matite, non giocattoli o software di guerra». I genitori sono i primi responsabili di «figli pacifici». E in questo è perfettamente in sintonia con Jetsun Pema, sorella del Dalai Lama , di cui porta un messaggio e lo stesso sorriso, e che oggi verrà premiata per i villaggi creati in India a favore dei bambini tibetani: «E' fondamentale che i bimbi abbiano affetto a sufficienza per fidarsi degli altri da adulti».
C'è l'americana Jody Williams (Nobel 1997), attivista, insegnante, scrittrice e regista della campagna che portò alla conferenza di Oslo e alla messa al bando delle mine antiuomo. Sua la più forte requisitoria anti-militarista e anti-nucleare. Jody parla dell'invasione «illegale» dell'Iraq da parte degli Usa, dei 4 milioni di mine in Libano e di una pace che «non è colomba e non è arcobaleno, ma azione quotidiana di ciascuno di noi».
E infine c'è Rigoberta Menchù Tum (Nobel 1992), coloratissima pronipote dei Maya, la famiglia torturata e uccisa negli anni della dittatura in Guatemala. Lei, paladina dei contadini, oggi esprime il respiro e la spiritualità animica del suo popolo. Parla del calendario maya, secondo il quale viviamo oggi in un disastrato e scomposto "non-tempo". Parla di un'umanità frustrata che insegue l'orologio artificiale della tecnologia, del materialismo e degli affari, ma dovrebbe riprendersi quello naturale che regola la vita della terra, della natura. Suo l'invito ad inseguire la felicità rivolto ai giovani, a sprigionare le proprie energie, vera chiave per saper e poter aiutare gli altri. «La cosa più importante per un ragazzo è essere felice, creativo».
La giornata porta altre voci: quella melodiosa di Natasha Sachs, rappresentante giovanile internazionale dei World Centers of Compassion for Children International che canta l'inno dei bambini del mondo "Set my little body free"; quella di Laura Kiss che si occupa dell'organizzazione italiana. L'atleta olimpica Hassiba Boulmerka racconta la sua straordinaria storia di libertà dai troppo angusti confini imposti alle donne algerine. Ma più di tutte emoziona alla fine la voce rotta da un inizio di pianto della piacentina di origini indiane Margherita Bongiorni, infermiera fra i Caschi Blu Onu in Mozambico. Non ce la fa a raccontare dei bimbi che ha soccorso, mutilati e ustionati.
Patrizia Soffientini